1927: Da tre club sboccia la squadraAlle radici della magiaSubito i primi eroi, la vittoria nel derby con la Lazio, la rincorsa al primo scudetto, arrivato poi nel 1942Era
metà giugno del '42, ma di una primavera-estate diversa, un'aria calda
e livida, un cielo rumoroso e torvo per l'accanito traffico di aerei militari.
La guerra con le sue oscenità stava per entrare in tutte le case; la
gente portava il peso di una fallita idea di vittoria imperiale; erano giornate
affannate e pesanti; angosciosi presagi cambiavano tutto il senso della vita.
Si giocava un campionato di calcio ancora nei limiti della regolarità
e quelle domeniche erano un lungo, colorato momento di pace. Un respiro ritrovato
che dava un fremito, come una carezza fisica. Queste suggestioni erano importanti,
perché impedivano che si spezzasse il filo di una quotidianità
minacciata e dolente. Via degli Uffici del Vicario Il falso storico è stato provocato da una lettura parziale e quindi faziosa della figura di Italo Foschi, fondatore della Roma. Gerarca fascista, ambasciatore dell'idea di Roma Caput Mundi ma anche dirigente sportivo della generazione pionieristica, eminenza grigia di un calcio romano che stentava ad affermarsi, già presidente di un'antica società, la Pro Roma. Le radici calcistiche erano in lui, nel suo animo, non nella divisa che aveva scelto di indossare. E nobilmente Foschi visse il suo amore giallorosso, fino a morirne alla notizia che la Roma stava perdendo a Genova contro la Sampdoria. Era il 30 marzo 1949. Abbandonato dunque, in un angolo del racconto, quel manto politico che la Roma non ha mai indossato, la sintesi risulta questa: a Roma giocavano, negli anni' 20, otto società: Lazio, Romana, Fortitudo, Alba, Juventus, Roman, Audace, Pro Roma. Andava affermandosi -soprattutto in campo organizzativo-l'egemonia della Lazio, che aveva strappato alla Fortitudo un antico primato e che era arrivata a disputare tre finali nazionali perdendole tutte: nel 1913 contro la Pro Vercelli, nel '14 contro il Casale, nel '23 contro il Genoa. Stesso traguardo -finale nazionale- avevano raggiunto Alba e Fortitudo ma stesso destino ingrato avevano incontrato: la Fortitudo nel 1922 contro la Pro Vercelli (0-3 e 2-5), l'Alba nel 1925 contro il Bologna (0-4 e 0-2) e nel 1926 contro la Juventus (1-7 e 0-5). Ecco, l'idea di Italo Foschi nacque da qui: da questo divario tecnico e strutturale che trasformava la finale nazionale in un gioco al massacro. Foschi avvertì l'esigenza di dar vita ad una società di grandi mezzi e di grandi impegni: non lo era neppure l'efficientissima Lazio, al cospetto dei clubs del Nord: e in questi slanci, Foschi era tifoso, non uomo politico. Tanto era insostenibile la situazione, che tra quelle otto società cominciarono ad arrivare le fusioni: si unirono Pro Roma e Romana, e il nuovo sodalizio confluì nella Fortitudo; la Juventus si sciolse; l'Alba ingoiò l'Audace. Rimasero quattro bandiere abbastanza robuste: quelle di Lazio, Alba, Fortitudo e Roman. Foschi decise che era questo il momento giusto. La Lazio era giustamente gelosa di una tradizione comunque affermata: si avviava a diventare una polisportiva affollatissima e non aveva alcun interesse alla fusione. Da un accordo -sofferto, in alcuni momenti- tra Alba, Roman e Fortitudo, nacque dunque l'A.S. Roma, secondo l'atto costitutivo letto da Italo Foschi il 22 luglio 1927, in uno studio notarile di via degli Uffici del Vicario. Lazio subito sottomessa Attilio Ferraris è stato il primo eroe giallorosso. Capitano della Fortitudo, aveva giàvissuto storie di grandi rivalità con la Lazio: era il leader ideale. Renato Sacerdoti, succeduto a Foschi nel 1928, aveva aperto un' ampia frontiera: le ambizioni romaniste dilagavano. La prima conquista storica fu l'affermazione di una netta superiorità nei confronti della Lazio. Il primo derby fu disputato alla Rondinella (la Roma giocava a Testaccio, appena inaugurato) 1'8 dicembre 1929, quando le due squadre si trovarono finalmente di fronte con la costituzione del girone unico nazionale. C'erano diecimila spettatori, quasi tutti romanisti; l'unico gol della partita fu segnato da Sigfrido Sciabbolone Volk. Eccolo, un altro signore della tradizione romana: Volk, padrone del derby, capo classifica dei marca tori fino all'avvento di Dino Da Costa, ventisei anni dopo. Era arrivato anche Fuffo. Lo chiamavano Garibaldi, in senso epico. E Bernardini aveva davvero conquistato i due mondi calcistici, quello laziale (aveva cominciato la carriera in maglia biancazzurra) e quello romanista. Era passato indenne tra due passioni tumultuose, non era considerato un transfuga, nessuno osava neppure immaginario traditore. Ed era arrivato anche Guido Masetti. Gli uomini del primo scudetto
Allenatore: Alfred Schaffer (Ungheria); Presidente Edgardo Bazzini; Direttore Sportivo Vincenzo Biancone; Consigliere Tecnico Eraldo Monzeglio; Settore Medico prof. Gaetano Zappalà; massaggiatori Angelo Cerretti e Angelo Cesaroni.
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